Un pò di fisica atomica

 

Per capire la nuova fisica, bisogna prima conoscere quella vecchia.   Ci facciamo aiutare da alcuni scritti divulgativi pubblicati da Camillo che hanno il vantaggio di essere facilmente compresi anche da chi non ha una preparazione particolare.

La fisica, nel tentativo di comprendere le regole della materia crea dei modelli interpretativi.
I modelli sono come una mappa in continua evoluzione, perché se la prima mappa ha una scala grande,  nei modelli successivi, la scala di risoluzione cambia e si approfondiscono sempre più i dettagli.
Vorrei mettere in chiaro che il modello NON è la realtà ma una sua approssimazione.

Partiamo dal modello più semplice, l’atomo di Bohr, elaborato intorno agli anni 20 del secolo scorso.L’atomo di idrogeno è formato da due particelle: l’elettrone e il protone. Il protone è descritto come una sfera con massa circa 2000 volte (per i pignoli 1836) più grande dell’elettrone. Le due particelle hanno carica elettrica opposta.

L’elettrone ruota attorno al protone facendo milioni di giri al secondo; in tal modo crea una superficie elettrica virtuale intorno all’atomo,  un campo elettrico negativo che agisce come barriera per una qualsiasi particella che volesse raggiungere il nucleo.
Ora, ingrandite l’atomo d’idrogeno, usando la fantasia; immaginate una sfera di sapone del diametro pari alla lunghezza di un campo da calcio.  Al centro vedreste un nucleo non più grande di una palla da tennis e attorno ad esso girerebbe una massa 2000 volte più piccola che col suo moto forma la pellicola esterna di sapone.
Prima considerazione: l’atomo è fondamentalmente vuoto!

Seconda considerazione: il volume apparente è generato dal campo elettrico.

Immaginate ora un uomo che dall’esterno volesse colpire il nucleo. Vi sembra un bersaglio grande? No, ovviamente.
Se l’uomo sparasse con una mitragliatrice in modo casuale, solo molto meno dell’uno per mille dei proiettili colpirebbe il bersaglio.
Se la pallottola avesse una carica elettrica negativa, sarebbe deviata dalla barriera elettrica.
Se invece la pallottola avesse carica elettrica positiva all’inizio sarebbe attratta dalla barriera negativa, ma, una volta sorpassatala, verrebbe frenata.
Quindi per colpire il nucleo non rimane che una soluzione: sparare con una pallottola priva di carica. Anche così però occorre avere molta fortuna per centrare il nucleo. Qui cominciamo a capire l’importanza di usare neutroni come pallottole. In effetti, la discussione futura verterà su come creare neutroni all’interno di una sostanza.

Il modello di Bohr presentava subito moltissime incongruenze:
La prima perplessità stava nel fatto che l’elettrone ruotando avrebbe dovuto emettere radiazioni e quindi perdere energia e decadere. Senza entrare nei dettagli relativi alle accelerazioni centrifuga e centripeta, pensiamo ad un segmento di alluminio percorso avanti e indietro da elettroni: lo chiamerò antenna,  perché  riceve o  emette energia. Ora descrivendo  un’orbita circolare attorno al nucleo, l’elettrone va avanti e indietro da una parte all’altra del diametro e quindi dovrebbe comportarsi come un’antenna trasmittente e decadere sul nucleo. (Questa discrepanza fu risolta in seguito considerando l’aspetto ondulatorio dell’elettrone e introducendo l’onda stazionaria.)

La seconda perplessità era data dalla densità di carica. Infatti la stessa quantità di carica in valore assoluto c’è nell’elettrone e nel protone, ma le due superfici esterne sono enormemente diverse visto che le masse sono in rapporto 1 a 2000.

Se paragoniamo la carica elettrica alla nutella, è come se la stessa quantità di cioccolata fosse spalmata in un caso in una fetta biscottata e nell’altro su una superficie più grande di una pizza.
(Poi si scoprì che il protone è formato da sub particelle dette quark, due di tipo up e una down. Inoltre ora si ritiene che il raggio del protone non abbia alcun significato fisico.)
Questo, per introdurre il tema.

Vediamo come si comporta l’elettrone che ruota (virtualmente) attorno al nucleo dell’idrogeno.
Se si comportasse come i satelliti artificiali messi in orbita attorno alla terra, avrebbe a disposizione infinite orbite; l’unica condizione sarebbe quella di adeguare la sua velocità a seconda dell’altezza: dovrebbe ruotare molto velocemente se il raggio fosse piccolo, se invece il raggio aumenta può diminuire la sua velocità di rotazione. L’elettrone però NON si comporta esattamente così.
A livello atomico vale il seguente principio: più il raggio si accorcia tanto più NON valgono le leggi della meccanica classica.
Questa affermazione è del tutto generale, nel senso che non si riferisce solo all’elettrone ma a qualsiasi fenomeno che implichi piccole dimensioni.

Quindi occorre prestare molta attenzione all’ordine di grandezza delle cose, perché ciò che vale per il grande non è detto che valga per il piccolo.

A questo punto, servono alcune informazioni sull’ordine di grandezza delle cose.
Partiamo dal raggio del protone, circa 1 * 10-15 metri.
Si definisce col termine femto un valore di 1* 10-15. Si usa il prefisso f per indicare la divisione in un milione di miliardi di parti.
Pertanto il diametro del protone sarebbe di 2 fm (leggi femtometri).

Il raggio dell’atomo di idrogeno è di 53.000 fm. Se si cerca “idrogeno” su Wikipedia, si legge una unità di misura diversa: il picometro, con sigla pm,   1000 volte più grande del femto.
Ribadisco qui il concetto già espresso in precedenza: se il nucleo fosse immaginato grande 2 metri, l’elettrone girerebbe ad una distanza di 53 km !!!!

Consideriamo ora una molecola biatomica formata da due atomi di Idrogeno, indicata con H2; il suo raggio massimo complessivo è più piccolo del doppio del raggio atomico, il raggio covalente. Il raggio covalente per l’idrogeno è 37.000 fm (o 37 pm); poichè abbiamo due atomi di idrogeno affiancati, è 74.000 fm  il valore del raggio di una molecola di idrogeno H2.

Ovviamente ci sono atomi con raggi più grandi, ma l’ordine di grandezza non cambia di molto, nel senso che non supera le 10 volte. Mi spiego portando come esempio l’atomo di Nichel che ci interessa direttamente.  Wikipedia attribuisce al nichel una massa 59 volte più grande dell’idrogeno, ma il suo raggio è solo 135.000 fm contro i 53.000 fm dell’idrogeno, cioè poco più di due volte il raggio dell’idrogeno.

Ora che ci siamo familiarizzati un po’ con l’unità di misura fm, ritorniamo all’elettrone. Solo alcune orbite gli sono consentite.
La rappresentazione visiva è la seguente: immaginate un anfiteatro tipo il Colosseo e una palla (elettrone) che scenda verso il fondo. Andrà giù a balzi; se si ferma sarà necessariamente sulla pedata di un gradone mentre l’alzata sarà sempre scavalcata in velocità. Ora pensate che i gradoni non siano tutti uguali, ma che i gradoni più in basso abbiano un’alzata molto elevata, mentre man mano che si sale l’alzata si riduca sempre più.
Concludo dicendo che la palla potrà fare salti di 1 gradino o 2 o 3, ma mai un gradino e mezzo.

Per capire l’energia potenziale posseduta dalla palla quando si trova ferma in un gradone, conviene mettersi come osservatori nel punto più basso del Colosseo. Da quel punto di vista potremo dire che la palla in un gradone che sta in alto ha più energia della palla che sta in basso. In fisica per vari motivi il punto di riferimento è posto in alto all’infinito e l’energia potenziale viene definita in modo leggermente diverso ma meno intuitivo (c’è differenza nel segno); per i nostri scopi va bene così.

Cosa succede quando la palla cade da un gradone in alto finendo in uno più in basso? Perde energia.
E dove finisce l’energia persa? Nel caso macroscopico del Colosseo si trasforma in calore e il gradone che riceve la palla si riscalda. Nel caso dell’atomo le cose cambiano; infatti non c’è niente in grado di ricevere il surplus energetico, quindi l’energia deve essere emessa sotto forma di vibrazione elettromagnetica; avremo in pratica emissione di una quantità di luce proporzionale al salto energetico fatto nella caduta.
L’immagine che io ho è quella di una palla che, cadendo nel gradino sottostante, non si ferma di colpo ma rimbalza smorzandosi pian piano. Ora l’elettrone (palla), essendo una carica elettrica che si muove su e giù, diventa un’antenna trasmittente. A dire il vero ci sarebbe una differenza sostanziale. Mentre la palla nel suo smorzamento cambia la frequenza di rimbalzo, l’elettrone emette sempre la stessa frequenza.


Finora sono riuscito a scansare l’uso delle formule ma questa formula è troppo importante per trascurarla. Provo a scriverla in modo semplice.

La frequenza di emissione è uguale al rapporto tra l’ energia da eliminare e la costante di Plank (simbolo h).

f = E / h

 

Come detto prima, l’alzata dei gradoni in basso è molto più grande rispetto ai gradoni in alto. Numeriamo i gradoni partendo dal basso con i numeri  1 2 3 …  Ora l’elettrone che decade dal livello 2 al livello 1 dovrà smaltire molta più energia che se cadesse dal 9 all’8. Aumentando il dividendo il risultato si ingrandisce, quindi è ovvio che ad un alto valore di E (energia) corrisponde una alta frequenza di vibrazione. In effetti succede proprio così. Quando l’elettrone decade nelle orbite più basse (1 2 3 4 … dette interne) emette luce ultravioletta che ha frequenza elevata ed energia elevata. Quando i salti energetici riguardano le orbite più esterne, avremo luce rossa o infrarossa, molto meno energetica.
Quando a decadere è un solo elettrone, viene emesso un singolo specifico raggio di luce, detto FOTONE, che va immaginato come un segmento finito di un raggio laser.

Resta da fare una precisazione; l’esempio del Colosseo potrebbe trarre in inganno, perchè il primo gradone in basso è molto vicino al piano dell’arena.  Nella realtà atomica, il piano dell’arena va immaginato più basso.
Perché ho voluto fare questo discorso che probabilmente già conoscevate?

Noi presumiamo di conoscere l’interno dell’atomo non perché lo vediamo, ma per ciò che emette come risposta alle sollecitazioni.

Una volta ero in villeggiatura in montagna; c’era la neve e con la moglie osservavo le tracce degli animali. Un giorno vedemmo un libro intitolato “Comprendi l’animale attraverso l’analisi dei suoi escrementi”. Così è dell’atomo: deduciamo cosa accade a seconda di cosa emette. Se all’interno avvengono reazioni nucleari, devono necessariamente esserci delle emissioni correlate.

 Il nucleo atomico

Il modello dell’atomo di Bohr riguardava inizialmente il solo atomo di Idrogeno. Nel 1934 fu confermata la scoperta del neutrone; ciò permise di estendere il modello di Bohr a tutti gli atomi nella tavola periodica degli elementi.
Il secondo atomo nella tavola periodica è l’elio con 2 elettroni e due protoni.
Come possono due protoni stare uniti nel nucleo, dato che hanno la stessa carica?
Nelle scuole proponiamo il seguente esperimento: due calamite sono poste una di fronte all’altra in modo da respingersi, poi interponiamo fra le due un pezzo di ferro dolce e il tutto si avvicina compattandosi. Questo perchè il ferro dolce non ha polarità, cioè non è Nord e non è Sud: è neutro.
Il neutrone agisce come il ferro dolce, ma opera nel campo elettrico.

Quindi la funzione principale del neutrone è di incollare tra di loro i protoni.

In genere per ogni protone occorre un neutrone. Così l’elio che ha 2 protoni avrà anche 2 neutroni. Il terzo elemento è il Litio che avrà 3 protoni e 3 neutroni ….
Per i primi 50 elementi della scala, il rapporto 1 a 1 protone neutrone è abbastanza ben rispettato, ma poi il numero di neutroni cresce rapidamente. Nel novantaduesimo elemento, detto Uranio, a fronte di 92 protoni troviamo 146 neutroni. Nonostante il gran numero di neutroni, il contenimento risulta instabile e il nucleo tende a rompersi generando il fenomeno denominato radioattività.

Tutto ciò è ampiamente conosciuto, mentre in genere è poco chiaro il meccanismo con cui il neutrone tiene legati i protoni.
La soluzione è stata trovata nell’introduzione di un nuovo tipo di forza in grado di agire a distanza detta “forza nucleare FORTE” o interazione forte. (Il primo a ipotizzarla fu Fermi)
In fisica sono dette forze a distanza: la gravità, la forza elettrico-magnetica, la forza nucleare forte di cui ho appena detto, e infine  una quarta forza detta debole.

Il confronto tra i vari tipi di forza a distanza è importante.
La forza maggiore è la nucleare forte
La forza elettrico-magnetica è 100 volte più debole della forte
La forza nucleare debole è 10.000 volte più debole della forte
La forza di gravità è centinaia di milioni di milioni di milioni di milioni di milioni di milioni di volte più debole della forte!!!

Vediamo ora come possiamo visualizzare la forza nucleare forte.
Immaginate che la superficie del neutrone abbia un sottile strato di colla. Quando il neutrone è tanto vicino al protone da toccare la colla, questa, che finora era ininfluente, agisce e attacca le due particelle.
Per realizzare in concreto questo, occorre che le forze a distanza agiscano in modo differente; per esempio se la forza elettromagnetica decresce in proporzione al quadrato della distanza, basta che la forza nucleare forte decresca con il cubo della distanza per avere l’effetto colla.
Immaginiamo un neutrone interposto tra due protoni; esso agisce intanto come distanziatore (i protoni sono allontanati di un diametro del neutrone) ma soprattutto come incollante per mezzo della forza nucleare forte.

Il nucleo che si forma aggiungendo molti neutroni e protoni ha sempre un raggio modestissimo se rapportato alle dimensioni dell’atomo (non supera i 10 fm)
Questo perché il volume della sfera aumenta col cubo del raggio.
Abbiamo già visto l’enormità del volume di un atomo in rapporto al nucleo, visto che dal punto di vista volumetrico un atomo potrebbe contenere migliaia di nuclei come quelli dell’uranio.
Infine ricordo che per un uomo che sparasse per colpire il nucleo entro la bolla grande come uno stadio, cambierebbe poco se il bersaglio fosse grande come una palla da tennis come nel caso dell’idrogeno o grande come un pallone da calcio nel caso dell’uranio.

Nelle precedenti esposizioni ho evidenziato che le leggi da applicare, per capire il comportamento della materia, cambiano a seconda delle dimensioni degli oggetti in esame, dimensioni che si possono dividere in livelli.

1) Livello macroscopico,  quando gli oggetti da analizzare contengono molta materia, che va dalle galassie fino ai cristalli. In questo livello le leggi della fisica classica appaiono sufficienti a spiegare i fenomeni.

2) Livello che va dalle dimensioni più esterne dell’atomo fino a quelle dei cristalli più grandi. L’accordo con la fisica classica è ancora molto buono, ma compaiono le prime differenze.

3) Livello dello spazio interno degli atomi, compreso tra 100 fm fino a 300.0000 fm. Qui siamo sicuramente costretti a cambiare visione, altrimenti quello che osserviamo non quadra. Mi riferisco per esempio agli elettroni che costituiscono l’atomo: infatti non possiamo più considerarli come palline, ma dobbiamo vedere soprattutto l’aspetto ondulatorio. A tal fine sono stati introdotti il concetto di onde stazionarie e la teoria degli “orbitali.” Molto brevemente; nella visione che contempla gli “orbitali”, gli elettroni sono visti come una specie di fantasmi che compaiono e scompaiono qua e là. Un “orbitale” è un volume dello spazio in cui si ha probabilità di trovare l’elettrone. La forma dell’orbitale cambia secondo lo stato energetico dell’elettrone in esame. Le forme degli orbitali che vanno per la maggiore assomigliano a trifogli, quadrifogli … tridimensionali. La teoria degli “orbitali” garantisce almeno il 95% di esattezza.

4) Livello nucleare, che riguarda le dimensioni del nucleo atomico. Qui le leggi vanno ristrutturate, perché la massa acquista un significato diverso, tanto che l’unità di misura cambia da sottomultiplo del kg a multiplo dell’ eV ( sfruttando la ben nota formula E = mc2 per la conversione massa energia). L’aspetto ondulatorio della materia diviene predominante.

5) Livello dei quark con dimensioni inferiori ad 1 fm.  Qui si lavora con la fisica quantistica e purtroppo i modelli geometrici danno un aiuto scadente. Ci si rifugia nelle formule e la comunicazione con la gran massa della popolazione è quasi impossibile.

 

6) Livello delle stringhe. Sta nascendo un nuovo modello della fisica quantistica. Ci sono fenomeni in cui riusciamo a trasmettere un’informazione dal punto A al punto B in tempo zero, anche se la distanza tra A e B è molto alta. Questo fatto mette in discussione la teoria della relatività che fissa un limite preciso al trasferimento di un’informazione attraverso lo spazio condizionandolo alla velocità della luce. Si entra in un campo che ha molto del filosofico. Per esempio, se impiego tempo zero per andare da A a B, posso dire che sono contemporaneamente sia in A che in B; ma allora che fine ha fatto lo spazio tra A e B?  Certo di avervi confuso le idee, mi riprometto di riprendere in seguito l’argomento delle stringhe. Forse la spiegazione della fusione fredda potrebbe passare per questo livello della fisica. Per un approfondimento del tema, consiglio il libro “Il velo di Einstein” scritto da uno dei maggiori esperti di meccanica quantistica al mondo, l’austriaco Anton Zeilinger: niente formule e concetti chiari.

Dobbiamo porre molta attenzione nei nostri futuri ragionamenti e non dimenticare mai che l’aspetto prevalente della materia a questo livello è dato da onde e NON da palline.

Chi volesse costruire un neutrone, potrebbe ragionare così:
Prendo un protone, gli metto vicino un elettrone a distanza sufficiente affinché comincino ad attirarsi, quindi aspetto che si scontrino; il risultato sarà un neutrone.
Non funzionerebbe. Di fatto, l’osservatore vedrebbe che l’elettrone entra sempre in orbita attorno al protone. Prova e riprova non ci sarebbe verso di far scontrare e incollare l’elettrone al protone.

Perché accade questo?
Riprendiamo il discorso del Colosseo, immaginiamo che l’arena sia grande migliaia di Km2 e poniamo nel suo centro una palla che rappresenti il nostro protone. Un elettrone che si trovi nel gradino più basso, supponiamo che decida di andare dal protone; facile! Sembra tutta discesa! L’elettrone non deve far altro che seguire la forza d’attrazione. Man mano che si avvicina al centro, là dove c’è il suo “amato” protone si accorge che, per poterlo raggiungere, dovrà scalare una montagna 100.000 volte più alta del primo gradino da cui proviene.

Di questo siamo certi perché sommando la massa del protone a quella dell’elettrone si ottiene una massa inferiore a quella del neutrone.
Paragoniamo il protone a un mattone e l’elettrone a un sasso. Perché aderiscano , ci vuole la malta.

mattone + sasso + malta,            quindi

protone + elettrone + collante = neutrone
Ebbene, la malta che serve da collante, corrisponde a una energia delle dimensioni intorno al MeV (1 milione di elettronvolt).
Non è che avvicinandosi cessi l’attrazione tra protone ed elettrone, semplicemente hanno le pareti lisce e non aderiscono tra di loro. Serve la malta, ma questo tipo di malta costa moltissimo.

Se  il protone e l’elettrone si attirassero e aderissero senza collante formando il neutrone,  la materia diventerebbe molto instabile, poiché i protoni del nucleo di tanto in tanto si trasformerebbero in neutroni sotto l’urto di qualche elettrone vagante. Si avrebbe un caos di trasmutazioni!

Questa barriera d’energia che impedisce al protone, di ricevere l’elettrone è molto importante. Pensare di eliminarla facilmente, va contro il senso naturale delle cose. Anche per questo l’idea della fusione fredda è oggi vista come fumo negli occhi.

Esiste inoltre una valvola di sicurezza, perché  se si forma qualche neutrone, gli è impedito di rimanere in vita per lungo tempo.


Il neutrone, una volta formatosi, ha circa 15 minuti (886,9 secondi) di tempo per trovarsi una casa dove vivere stabilmente. Se ciò non accade si decompone; (è come se la malta che lega mattone e sasso fosse scadente). Sopravvive se riesce ad agganciarsi ai protoni, che sono stabili e non si decompongono. In tal caso un neutrone e un protone formano una famigliola stabile.

Consideriamo ora il comportamento del neutrone finché rimane in vita.
Poiché non risente dell’elettromagnetismo, viaggia indisturbato e avendo a disposizione grandissimi spazi vuoti all’interno degli atomi, può camminare per lungo tempo senza sbattere contro un nucleo. Con i campi magnetici non si riesce a deviarlo, se non con spesse pareti dense. Fermi constatò che si poteva usare la paraffina,  perché ricca d’idrogeno.
Ci sono i neutroni veloci (energia cinetica >1Mev),  difficili da fermare, perché si comportano come se avessero una sezione d’urto con piccola area per cui risultano molto penetranti. I neutroni lenti invece hanno una superficie d’urto di grande area.

Il neutrone è molto difficile da studiare. Quindi è possibile che non tutto quello che lo riguarda sia stato compreso, anche perchè  ripetere o controllare esperimenti richiede macchinari sofisticati e costosi che solo i grandi centri di ricerca possiedono.

Al contrario,  è facilissimo creare protoni, perchè basta generare ioni idrogeno; invece è molto difficile trovare sorgenti naturali di neutroni.

Una volta visto l’atomo di Idrogeno vediamo come si presenta il modello degli atomi che lo seguono degli elementi.

Va detto che questa tavola periodica  degli elementi di  Dmitrij Mendeleev è stata costruita posizionando gli elementi in ordine di peso dal piu’ leggero al piu’ pesante.

Possiamo sintetizzare il processo di costruzione degli elementi complessi con una frase del tipo “aggiungi un posto a tavola” . Partendo dall’idrogeno aggiungiamo un protone un elettrone e neutroni quanto basta.  Nel caso dell’elio ci troviamo due protoni due elettroni e due neutroni. Un atomo per essere stabile  deve avere un bilanciamento perfetto delle cariche cioè ci devono essere tante cariche positive quanto quelle negative. Diverso è il discorso dei neutroni. In prima approssimazione che fino al 50° elemento ci sono tanti neutroni quanti sono i protoni. Dal 50° elemento in poi per tenere riuniti nel nucleo i molti protoni non è piu’ sufficiente il rapporto uno a uno. si arriva così verso gli elementi molto complessi come l’uranio che possono arrivare a  il doppio di neutroni rispetto ai protoni.

Questi elementi pesanti ricchissimi di neutroni non risultano comunque stabili e  tendono a decadere scomponendosi in elementi più semplici.  Si ha qui il fenomeno della radioattività spontanea.

Il terzo elemento della tavola periodica ha tre protoni tre elettroni e tre neutroni. Proseguendo come ultimo esempio prendiamo l’ossigeno che ha 8 protoni 8 elettroni e 8 neutroni.

Va detto che esistono anche varianti più o meno stabili degli elementi in cui il numero di neutroni può variare in più o in meno. Per esempio l’idrogeno può presentarsi in una forma identica nelle qualità ma di peso doppio chiamato Deuterio.

Il Deuterio ha un protone un elettrone e un neutrone. Il neutrone non ha nessuna funzione di aggregazione in quanto c’è un solo protone.  Il deuterio viene chiamato isotopo dell’idrogeno. Per completare il discorso nel caso dell’idrogeno diciamo che un’altro isotopo è il Trizio che ha due neutroni che affiancano il protone . Il Trizio però non è molto stabile e tende a perdere neutroni e quindi è considerato un elemento radioattivo.

 

capitolo due : Un pò di chimica 

 

 

 

 

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